Storia della Beata Vergine dell’Edera

IMMAGINE

Il culto alla Madonna del Pilar ha origine nella città di Saragozza (Spagna) ove si tramanda che sia apparsa Maria in piedi con in braccio il Figlioletto sopra una colonna, “pilar” in spagnolo. Sul luogo fu costruito un grande tempio dedicato a S. Maria del Pilar.

Il Collegio di Spagna che aveva dei beni a Castenaso diffuse questo culto anche nella provincia di Bologna, e sotto questo titolo è venerata la Vergine nella chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista di Castenaso.

Il pittore Giambattista Bolognini senior (1611-1688) fu chiamato a realizzare un quadro che rievocasse l’episodio dell’apparizione. La tela rappresenta la Madonna con il Bambino, in piedi su una colonna, in compagnia di S. Giacomo, patrono della Spagna e S. Pietro Arbues, già scolaro del Collegio e martire nel 1485.

La storia:

La storia dell’Immagine della B.V. del Pilar a Pieve di Budrio, detta “della Ledra” (Edera), perché collocata su di un Moro (Gelso) interamente coperto di Ledra inizia in principio del 1700.

Si presume che la devozione alla Madonna del Pilar di Castenaso, si sia estesa anche a Budrio e quindi sia stata posta l’immagine su di un Gelso a ridosso di un incrocio, rinnovando il segno antichissimo della religiosità agreste di posizionare nei quadrivi un simbolo sacrale: edicole o pilastrini votivi con immagini sacre o croci (vedi la croce carolingia di Pieve di Budrio).

Riguardo l’origine e dove fosse fatta o cotta l’immagine, e chi la collocasse in quell’albero di Moro, non si è potuto avere certa notizia.

La prima ricostruzione storica è stata realizzata da Giuseppe Sovrani, fornaciaio, segretario della Compagnia fondata in onore della Madonna dell’Edera nel 1792. Giuseppe Sovrani lascia in archivio parrocchiale di Pieve di Budrio un’accurata documentazione riguardo la storia dell’immagine intorno la fine del 1700 e gli inizi del 1800.

Per ragioni storiche la Compagnia della Madonna dell’Edera fu in seguito rinominata Compagnia del Santissimo di Pieve di Budrio.

L’immagine originaria in ceramica policroma si presume sia stata fatta e cotta alla fornace Boriani dietro la via Fiumana, al presente detta la fornace delle Olle. Giuseppe Sovrani riporta la descrizione dell’Immagine nel 1784 nel seguente modo:

“Fino a l’anno 1784 si conservava in quel albero il quale da molti era creduto secco essendo stato molti anni che non si era veduto una foglia di Moro eccettuato la Ledra; ed al presente si vede delle bellissime foglie verde di Moro che si stà incantati, il qual Moro non a altro che la scorza di fuori, essendo voto di dentro. La Ledra era molto verde, era questa una meraviglia, anzi un Miracolo vedere un Ledro così bello e grande che molti passeggieri si stavano a mirarlo con molta gioia e molti pellegrini dicevano di non averne mai veduto un simile per tutto il Mondo. Era dunque fatto nella maniera seguente. L’Immagine era alta da terra una scala di dodici scalini o siano pioli; stava in mezzo ad un ornato di Gesso con sue collonine e vari serafini, con sotto l’Immagine di S. Francesco di Paola, con intorno una incassatura di legno inverniciato di Turchino e il coperto di sopra pure di legno a grondali. Nalzavano di fuori dei regoli pure di legno con suoi archi che venivano a formare un nicchio con sotto una scafetta da mettervi dei candelieri e dei vasi. Questo nicchio stava sopra un robusto regolo che era dentro al detto Moro il quale era voto dalla parte di mezzo giorno, non vi essendo dalle altre parti che la scorza grossa quattro dita: vi era pure da due lati due grossi Ledri della grossezza di una gamba mediocre, avendo sì gran broccame che venivano a formare una fioriera di quelle che si portano le Immagini della B.V. in processione. Questi andavano sopra al detto nicchio e veniva a formare un bel mazzo tondo, e poi veniva a basso tutto pari e sotto alla scafetta veniva a formare la Grembalina del frontale. Era sempre verde e al tempo che fa la sua semente era una meraviglia vedere tutti quei mazzetti di granelli neri con intorno si gran quantità di api ed altri animaletti che facevano una melodia meravigliosa.”

Il 27 Maggio 1786 a seguito delle numerose candele lasciate ai piedi del Ledro per le numerose grazie ricevute, scoppiò un incendio che rovinò l’immagine e fece seccare il Ledro ma non il Moro che già moribondo sopravvisse ugualmente grazie alla misericordia della B.V.

Per questo motivo venne costruita immediatamente una edicola che rimase originaria in quell’incrocio fino alla seconda guerra mondiale.

Il 19 Aprile 1945 i soldati tedeschi fecero saltare il vicino ponte della strada, anche l’edicola della Madonna restò rasa al suolo.

Si salvò solo l’Immagine della Madonna, perchè la custode Sig.na Giannina Poli andò a ritirarla, fra il crepitio delle granate, appena mezz’ora prima che saltasse il ponte.

Nel 1948, col generoso e concorde concorso dei devoti, l’Arciprete Don Sebastiano Lenzi curò la ricostruzione dell’edicola, dove il 15 Agosto di detto anno, celebrandosi in Pieve di Budrio l’annuale festa, fu ricollocata l’Immagine della B.V.

Contemporaneamente si riprese l’antica consuetudine del rosario nel mese di maggio e della festa solenne con processione il giorno dell’Assunta. Per molti anni l’ambiente intorno rimane campagna, con vasti campi di grano dietro al tempietto, ma la via della Pieve diventa sempre più trafficata, tanto che nel 1956 sul Bollettino si sottolinea che durante il rosario “il traffico ognora crescente sta diventando una cosa preoccupante“, ma si continua a recitarlo, perché “il pregare così sulla via è una bella professione di fede“.

Nel 1965 Gianna Poli dona alla parrocchia di Pieve 1500 mq. di terreno nella parte posteriore su cui sorge l’edicola, ciò renderebbe possibile il suo spostamento un po’ più all’interno, lontano dalla strada. Fra valutazioni e pratiche burocratiche passa circa una decina di anni; nel frattempo, nell’inverno del 1970, la formella in terracotta raffigurante la Vergine viene rubata ed è sostituita, momentaneamente, con la tela che era posta in chiesa, nella cappella a Lei dedicata.

Nel 1982 il grande sviluppo edilizio, con l’insediamento di nuovi quartieri, e l’ampliamento della strada di via Edera rende necessario lo spostamento dell’edicola di una cinquantina di metri all’interno nell’area donata da Giannina Poli.

Il bicentenario del 1985 sarà festeggiato nella nuova sede, con pure un’immagine nuova, commissionata dall’arciprete don Agostino Vignoli a Ida e Anna Ghelli partendo da una fotografia in bianco e nero e in seguito colorata a mano da un salesiano Don Armando Capretti. Le feste furono solenni e grandiose, a dimostrazione della fervida devozione alla Madonnina dell’Edera. Alla Madonna dell’Edera fu intitolato anche il circolo parrocchiale allora istituito.

Negli anni le abitazioni sono arrivate fino alle spalle della cappellina e numerosi sono stati gli interventi di sistemazione della sua area, dal prato creato tutt’intorno alla tettoia antistante.

E se “l’immagine idillica del 1908, in cui il tempietto spalancava la sua porta in mezzo a frondosi, antichi alberi, è solo una bella memoria” – come scriveva Fedora Servetti Donati nel 1993 – tuttavia la cura di questi anni nel ripopolare la zona di verde, alberi, cespugli, fiori e una rigogliosa siepe di edera, a ricordo dell’origine del suo nome, ne fa ancora un luogo particolare.

E soprattutto testimonia che la venerazione per la Madonnina continua ad essere l’espressione di un culto forte ancora oggi, tangibile nelle preghiere dei fedeli che qui recitano il rosario, nell’impegno di tanti ad organizzare la festa del 15 agosto e pure nel lavoro di quei parrocchiani che ne mantengono viva la memoria raccogliendo con perizia documenti, notizie, immagini, fonti preziose anche per questa ricerca.